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Il consenso informato nel servizio sociale: parole chiare, fiducia piena

18 Gennaio 2025

Il primo contatto con la persona di cui ti occuperai è, normalmente, costituito da modulistica da compilare e il consenso informato, e, come sappiamo, you never have a second chance to make the first impression: non c’è una seconda possibilità per fare una prima buona impressione.

La modulistica in generale, e il consenso informato in particolare, non sono solo un’incombenza da assolvere, ma rappresentano il tuo biglietto da visita e il primo passo per costruire una relazione di fiducia e rispetto reciproco.

Eppure, nella maggior parte dei casi a 35 anni dalla legge 241/1990 e tre decenni di riforme tese a tendere la PA più aperta, comprensibile e trasparente, prevale ancora molto più spesso un’interpretazione adempitiva, mentre è pressoché trascurata la trasparenza-accountability o “comunicativa”, cioè quella finalizzata al controllo sulla qualità dei servizi. In pratica, succede così: questo è il modulo, firmi qui. Se non si capisce niente o poco, poco fa. E poi, con la fretta che ho!

Sono solo parole, dicono alcuni. Non lo sono mai, invece. Le parole sono il mezzo con cui rivestiamo i nostri pensieri e li rendiamo disponibili agli altri. Attraverso il linguaggio esprimiamo concetti, intenzioni, sentimenti; tratteggiamo mondi possibili e modi possibili di abitarli: la base della convivenza civile. Se ti pare poco!

In Italia, il diritto a ricevere informazioni chiare e comprensibili trova fondamento nell’Articolo 32 della Costituzione, che stabilisce che:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Questa norma non si limita al campo sanitario, ma richiama un principio più ampio: ogni intervento che coinvolge una persona deve rispettare la sua dignità, la sua libertà di scelta e il suo diritto a essere informata in modo chiaro e completo.

Questo vale anche nel contesto specifico del servizio sociale; il Codice Deontologico dell’Assistente Sociale, infatti, ne ribadisce con forza l’importanza: la persona di cui l’assistente sociale si occuperà deve essere informata sulle attività che verranno intraprese e sulle persone che potrebbero essere coinvolte, come professionisti di altri servizi sul territorio, studenti in fase di studio o ricerca, o altre figure come il medico di famiglia, insegnanti, allenatori o altri professionisti se si tratta di minorenni. Questo è un passo fondamentale per garantire che la persona interessata abbia piena consapevolezza del percorso che intraprenderà insieme all’assistente sociale.

Chiaro, completo, piena consapevolezza: quattro parole che di rado associamo ai moduli di consenso informato e ai testi dal valore giuridico in generale. Si può scrivere un testo legalmente valido (oltre che rilevante) in maniera fluida, chiara, accurata, senza abbassare il livello della scrittura?

La risposta, ovviamente, è sì. E aggiungerei: sempre.

Semplificare non è banalizzare, ma rendere accessibili contenuti complessi a un pubblico vasto, in modo cristallino, senza fraintendimenti. Se non capisco in tutto o in parte ciò che mi stai dicendo, che valore avrà la mia firma su un pezzo di carta? E soprattutto, che cosa penserò di te? Quanto mi sentirò mossa a fidarmi di te?

Un sistema per redigere un consenso informato efficace sono le linee guida contenute nella norma UNI ISO 24495-1:2023 sul plain language o linguaggio chiaro:

  1. Rilevanza: il testo deve contenere informazioni pertinenti e necessarie a chi legge, evitando dettagli superflui che possano confondere. Nel caso del consenso informato, per esempio, occorre che siano spiegati chiaramente il cosa, il come e anche il perché: le azioni che verranno intraprese, le finalità dell’intervento e in che modo le diverse figure professionali coinvolte contribuiranno al processo.
  2. Accessibilità: presentare le informazioni in modo che la persona possa facilmente trovare ciò di cui ha bisogno. Questo implica una struttura del documento logica, e con una formattazione che faciliti la lettura.
  3. Comprensibilità: utilizzare un linguaggio semplice, evitando termini tecnici o burocratici, e assicurarsi che le informazioni siano presentate in modo chiaro. Spiegare cosa facciamo, perché e come, quali strumenti usiamo e se lavoriamo con altre figure professionali, spieghiamo chi sono e perché le coinvolgiamo. Ad esempio, se si prevede di contattare la scuola o un allenatore, spiegare il motivo e come queste figure contribuiranno al progetto di supporto. Soprattutto, e questo è il punto più dolente, usare un tono di voce professionale, autorevole, ma anche pacato e rassicurante.
  4. Usabilità: garantire che l’utente possa comprendere tutte le informazioni fornite per prendere decisioni informate. Un consenso sarà veramente informato solo se le informazioni saranno davvero arrivate a destinazione; quindi, se saranno state capite da chi abbiamo di fronte.

Quella che i comunicatori bravi (e le comunicatrici brave) usano dire è che se sei un brand devi mettere a fuoco la tua personalità, che troverà espressione nei siti web, nei contenuti, nei loghi, eccetera. La stessa cosa vale per te, anche se sei un(‘)assistente sociale che lavora per un’azienda. Non importa.

Trova la tua postura, il tuo atteggiamento: quello che deriva dal desiderio autentico di parlare con il tuo interlocutore, di farti capire, di conquistarti la sua fiducia, scegliendo le parole più adatte, immedesimandoti in chi hai di fronte, tentando di capire le sue emozioni e i suoi processi cognitivi. In situazioni di ansia, le risorse per comprendere concetti e procedure non saranno mai paragonabili a quelle disponibili in momenti di tranquillità.

Certo, qui sta il nodo: la pubblica amministrazione è da sempre un’organizzazione basata sul potere e questo presupposto vizia tutto il processo, ma il tuo stesso mandato professionale ti pone proprio in rotta di collisione con l’atteggiamento distante, impersonale, incomprensibile (e, secondo me, a tratti anche vessatorio) della pubblica amministrazione.

Metti a fuoco la tua relazione con chi sta leggendo il modulo informativo per firmare poi il consenso, ascolta i presupposti che ti fanno assumere un determinato atteggiamento e chiediti se quell’atteggiamento e il tono di voce che ne consegue vanno bene.

Se lo trovi difficile, immagina di scrivere a un nuovo vicino di casa: qualcuno che non conosci da molto tempo e con cui hai una relazione cordiale, ma non informale. E ricorda sempre: hai qualcosa da dire, hai personalità e hai una voce. Non temere di aprir bocca!

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